Etica, perchè?

Quando diciamo: "Non devi uccidere!"
Quando diciamo: "Non puoi rubare."
Quando diciamo: "La violenza è sbagliata."

Quando diciamo: "E' giusto seguire la legge."

Cosa ce lo fa dire?
Cosa vogliono dire le nostre frasi?
Cosa sta dietro alle nostre affermazioni etiche?


Se ci troviamo a discutere con persone con
convinzioni molto differenti dalle nostre, come possiamo
dimostrare la correttezza delle nostre affermazioni? E
possiamo effettivamente farlo?

A queste domande, forse troppo pretenziose, si propone di
rispondere questo blog, proponendo la Teoria del
Mediativismo Etico.

Un piccolo contributo al grande discorso sulla morale.

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domenica 15 febbraio 2009

Il cuore della teoria: la pratica del Mediativismo Etico

Dopo le premesse fatte nei giorni precedenti, posso provare a descrivere, a grandi linee, il pilastro fondamentale della teoria del Mediativismo Etico.

Punto focale della teoria è il seguente:
Quando si presenta la necessità di trovare una norma morale oggettiva, questa necessità si presenta come rapportata ad un preciso gruppo sociale.
Il gruppo sociale da considerare è composto dalla totalità degli individui interessati al giudizio morale in questione.

Per esemplificare: se si vuole trovare un norma morale oggettiva che disciplini l'aborto al fine di creare una legge in materia abortiva in Italia, il gruppo sociale da prendere in considerazione sarà la totalità degli Italiani, più coloro che, pur non essendo Italiani, sarebbero materialmente toccati più o meno indirettamente dall'adozione di una norma sull'aborto in Italia.

Se si volesse invece trovare una norma morale per motivi speculativi, non valida per un unico gruppo sociale, ma utile per la valutazione di un'azione di un qualsiasi essere umano, allora il gruppo sociale da considerare sarà l'intera umanità.

Si ha così un apparente non-sense: potrebbe essere che, in Italia sia oggettivamente moralmente vincolante una certa norma, in tutta Europa una opposta, considerando tutto il Mondo sarebbe vincolante una terza norma differente ancora.
Si potrebbe affermare quindi: la teoria cade in contraddizione sul nascere, in quanto può essere oggettivamente vincolante una sola di queste tre norme.
Questa possibile critica, parte dall'assunto che l'oggettività debba essere univoca, posizione che non ritengo vera, né necessaria.

Ritengo che anche l'oggettività debba ricadere sotto la legge della Relatività.
Anche l'oggettività dipende dal punto di vista.

Dipende dal punto di vista che vogliamo adottare per il giudizio morale.

Così è possibile che, giudicando ad esempio un atto di eutanasia, esso sia oggettivamente sbagliato in Italia, oggettivamente giusto in Europa, e oggettivamente neutro nel Mondo; lo valutiamo in ragione della portata che vogliamo abbiano le nostre considerazioni morali.

Si ha così uno stravolgimento del concetto di “oggettività”.
Una norma morale oggettiva appare qui come “una norma che, in un discorso etico reale, può essere portata come parametro di giudizio di un fatto senza risultare solamente una norma morale soggettiva.”
Dal contesto, dall'intenzione, dai partecipanti del discorso etico reale che si intende intraprendere, si dovrà derivare il punto di vista utilizzabile per la valutazione del fatto morale che si intende giudicare.

Scelto il gruppo all'interno del quale si vuole individuare una norma oggettiva, scelta la materia per la quale si intende trovare la norma, si può passare alla procedura di individuazione della stessa.
Nel gruppo, ognuno avrà una posizione differente rispetto alla materia in questione, lo schema normativo soggettivo di ognuno conterrà una norma a proposito.

Abbiamo quindi un numero definito di norme singolari, e dobbiamo da queste ricavare un'unica norma oggettiva. Si dovrà quindi effettuare una procedura di MEDIAZIONE tra tutte le posizioni singolari; si otterrà così una norma oggettiva differente da ogni norma singolare, che tenga conto delle differenti posizioni in rapporto a quanto esse sono condivise all'interno del gruppo.
La mediazione proposta è teorica, nel senso che, volendo individuare la norma oggettiva, bisogna in essa includere e conciliare tutte le posizioni soggettive; operazione questa materialmente quasi irrealizzabile, ma teoricamente possibile.

Se una grande maggioranza dei soggetti credono in norme simili tra loro, la norma oggettiva sarà probabilmente vicina alle loro posizioni, ma mediandole con tutte le posizioni di minoranza.
Si da quindi un identico peso alla posizione soggettiva di ognuno, che comporta un maggiore peso per le posizioni condivise dalla maggioranza, ma un peso non indifferente anche per le posizioni in minoranza.

Come i puntini in un quadro di puntinisti, le posizioni singolari contribuiranno alla determinazione dell'oggettività, saranno tutte parimenti fondamentali ma nessuna maggiormente determinante.
Se un soggetto cambiasse le proprie convinzioni, il quadro nel complesso non risulterebbe quasi per nulla differente; ma qualora fossero molti a mutare d'idea, l'opera cambierebbe in modo significativo.

Si ha così una morale oggettiva fondata sull'uomo, sulle sue credenze personali, non separata da esso.
Poiché è l'uomo il fondamento della morale (infatti l'esistenza della morale senza l'esistenza dell'uomo sarebbe cosa assurda), si rende evidente che deve essere l'uomo stesso a determinarla.
È una morale oggettiva quindi relativa, e determinata dall'uomo, in continuo mutamento.

I parlanti in un discorso morale potranno portare la norma trovata grazie a questa mediazione come argomento definitivo del discorso, ed essa potrà (e dovrà) essere riconosciuta come oggettiva.

Ecco il centro fondamentale delle teoria del Mediativismo Etico a Gruppi, la morale oggettiva va trovata in realzione al grupo dal quale si vuol far riconoscere la sua ogegttività, mediando tutte le posizioni singolari per creare un'unica morale, l'unica imponibile come oggettiva nel gruppo scelto.


JackP ;)

3 commenti:

  1. Ecco il centro della teoria del Mediativismo Etico a Gruppi, forse richiede maggiori specificazioni (che arriveranno nei prossimi post), ma non potevo creare un unico post di migliaia di righe (chi l'avrebbe letto sennò?).

    Questo è il mio personale punto di vista, che tra l'altro condivido.[-> citazione da Trenti Francesco]

    Se siete d'accordo con quanto ho scritto nel post commentate, se non siete d'accordo commentate comunque; sarò felice se la teoria del Mediativismo sarà spunto di riflessione e confronto.

    JackP ;)

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  2. Non ho particolari obiezioni, l'unica che mi viene in mente riguarda semmai la costituzione/delimitazione del gruppo. La domanda potrebbe essere: perché un certo tipo di gruppo (e dunque determinate relazioni etiche) e non un altro? Nel costituirsi del gruppo, cioè, vedo un elemento di accidentalità che stride con il concetto di "normatività" etica. Anche se poi, in verità, ciò dovrebbe essere superabile dalla teorica partecipazione di tutti i componenti del gruppo alla costituzione della norma (ipotesi molto teorica, come tu stessi dici, ma non impossibile).
    Tuttavia, gli individui che dovessero appartenere contemporaneamente a più gruppi (cosa sempre più probabile in epoca globale) a quale norma etica dovranno "obbedire"? Se io cioè sono indù, comunista e gay come mi comporto?

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  3. Primo: grazie del commento e dell'interessamento!

    Secondo: Probabilmente ti comporterai secondo il tuo personale schema etico, la teoria entra in gioco quando devi confrontarti con altri individui, con i quali non sempre potrai sostenere la correttezza della tua morale, ma solo di quella "oggettiva"...
    In effetti, il "Come mi comporto?" non è una domanda facile, poichè potresti comportarti secondo norme che non sono dimostrabilmente oggettive e valide.
    La tua domanda merita un nuovo post (che pubblicherò a breve).

    Grazie ancora md!

    JackP ;)

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